Para completar este artículo que ilustra el Rondò italiano, y su variante Canzone-rondò, he aquí una pequeña antología de poemas escritos en este formato métrico.
Cuando en 1995 Dalmazio Masini concibió este juego de cuartetas encadenadas, que debe su nombre a Gioia Guarducci, fue propuesto como ejercicio en el Laboratorio de Poesía de la Academia Alfieri, dirigido por Mario Macioce.
Por lo tanto, los primeros intentos llevan la firma de los poetas florentinos.
Pero pronto su sonoridad también fue apreciada fuera de Florencia, por lo que muchos poetas italianos acogieron con entusiasmo la novedad y probaron su uso.
La Canzone-rondò también fue del agrado de muchos escritores de versos italianos, pero estaba menos extendida.
Elena Zucchini (Genova)
***
Rondò italiano
CAMPANA SUL MARE
Il vento che soffiava sopra il mare
e portava gli spruzzi sulla china,
la campana faceva dondolare
nella chiesetta là sulla collina.
Veniva intanto su dalla marina
il rombo sordo dei marosi infranti
e nella fioca luce vespertina
lampi improvvisi, vividi, abbaglianti.
Ed a quei tuoni cupi, rimbombanti
tra le nuvole nere e minacciose,
si univano i rintocchi, rievocanti
tristi pensieri, immagini paurose.
L'onde, spinte da raffiche rabbiose,
si gettavano urlando alla scogliera
e con le loro voci tumultuose
coprivano un'inutile preghiera.
Era calata l'ombra della sera
e la tempesta ormai si allontanava;
ma a spezzare la quiete ancora c'era
la vecchia campanella che suonava.
Nel buio della notte che avanzava,
quell'ossessivo suono ricorrente
era un presagio antico che tornava,
esorcizzato a lungo inutilmente.
Sul molo, sotto un brulicar fremente
di stelle apparse tra le nubi aperte,
a spiare nel buio ansiosamente
ombre di donne, le braccia conserte.
A rischiarar quelle figure incerte
gli ultimi lampi, senza più furore;
antiche donne, da millenni esperte
di lunghe attese e di deluso amore.
E quei rintocchi, brividi d'orrore,
che dentro il cuore sembrano echeggiare,
ripetono una storia di dolore,
fatale e antica come il navigare.
Mario Macioce (Firenze)
CARNEVALE A VENEZIA
Venezia, dolce immagine irreale,
sospesa in una pallida foschia,
una gondola oscilla sul canale,
s’increspa l’acqua d’una breve scia.
Stelle filanti di malinconia,
fluttua nell’aria l’eco un po’ stonata
d’un canto che singhiozza nostalgia,
piange Arlecchino la sua innamorata.
Piazza San Marco splende illuminata
d’una luce violenta ed indiscreta,
in un domino rosso avviluppata,
una maschera vaga senza meta.
Ride alla folla e finge d’esser lieta,
ma cerca il tuo sorriso, il tuo calore,
la vibrazione trepida e segreta
che travolgeva prorompente il cuore.
Son io che cerco la tua bocca, amore,
e il vivo lampo nero dei tuoi occhi,
teneri, caldi, pieni di languore,
da cui l’anima intera par trabocchi.
Coriandoli di carta sono fiocchi
di neve d’oro sopra il carnevale,
la mezzanotte manda i suoi rintocchi,
io inseguo un’ombra al lume d’un fanale.
Gioia Guarducci (Firenze)
IL BRUCO E LA FARFALLA
Le foglie del mio bel geranio rosa
son state tutte intorno rosicchiate,
le ho viste una mattina luminosa
quasi a implorarmi d'essere salvate.
Osservo e sotto quelle più sciupate
vedo briciole nere come terra
e un verde bruco, è lui che l'ha mangiate,
continua devastante la sua guerra.
Asettica credevo la mia serra!
Dal parassita libero - che orrore! -
la pianta di cui cambio anche la terra,
controllando se c'è cattivo odore.
Passano alcuni giorni e con stupore
vedo sul mio geranio una farfalla,
con tutto il corpo suo multicolore
vibra leggera e sulla foglia balla.
Brutto era il bruco e tondo come palla,
quale magia l'ha fatto trasformare
in tal visione bianca rosa e gialla
che attonita rimango ad ammirare?
Come il bruco in farfalla può mutare,
anche la mia parola faticosa
spero che per magia potrà cambiare
e diventare una poesia armoniosa.
Leonora Fabbri (Firenze)
ALBA
Mi son svegliato presto stamattina,
grazie al canto di un gallo scanzonato
che, aggrappato alla scopa di saggina,
inneggia al sole ancora addormentato.
Le pecore, che in riga sul selciato
osservano colui che le raduna,
richiamano un agnello appena nato:
son tutte lì: non manca mai nessuna.
L’alba spenge le stelle ad una ad una
la natura sbadiglia al nuovo giorno
resta solo il bagliore della luna
mentre il sole s' appresta a far ritorno.
Profumi di fragranze fatte al forno
mescolati all’odore dell’abete,
dispersi pigramente tutt’intorno,
solcano l’aria come le comete.
Leggiadro è l’inebriarsi nella quiete,
godere il raggio di un sole esitante,
ma spesso ad altro mirano le mete:
graffiano il cuore e fan l’animo errante.
Quante emozioni, quante storie infrante!
L’odor del pane fresco alle narici
rende questo momento più snervante:
riaffiora il sangue nelle cicatrici,
nel ricordar quegli attimi felici:
la prima colazione alla mattina,
il raggio che ristora le pendici,
un monte tra la nebbia mattutina.
Massimo Pinzuti (Tavarnelle Val di Pesa FI)
RONDÒ D’AMORE
(Alla Venere dagli occhi verdi)
Sei tutto ciò che voglio dalla vita:
sei l’acqua per la sete che ho nel cuore,
sei rosa nella siepe mia fiorita,
sei arcobaleno immerso nel colore.
Ed io che non son niente senz’amore,
vorrei essere la terra che calpesti,
vorrei essere inebriato dal sapore
dei baci tuoi che sono troppo lesti.
Quello che adoro sono tutti i gesti
che con naturalezza compi spesso:
quello che adoro è il modo in cui ti vesti
seguendo un elegante e ignaro nesso.
Mi sono innamorato come un fesso
quando sei ritornata dall’Egitto,
non ero ormai davvero più lo stesso:
un altro cuore avevi già trafitto.
Non so se dichiararmi o stare zitto,
ma ogni notte ti penso e ti ripenso
e dopo notti insonni sono afflitto
e passo giorni e giorni senza senso.
È questo un sentimento molto intenso,
un fiore che è sbocciato all’improvviso,
che cresce, cresce, fino ad un immenso
sognante, dolce, eterno paradiso.
Mi sembra di vedere il tuo bel viso
nella stella più chiara e luminosa,
in un glicine viola non reciso,
nel palpito silente di una rosa.
Ma volano i pensieri senza posa
come gabbiani in cerca di una rotta,
e ti vedon divina e deliziosa:
raggio di sole in un’oscura grotta.
Non ho speso la voce mia più dotta
in una frase colta ed erudita;
ti ho parlato soltanto di una cotta
che tu, sfuggendo, tieni tra le dita.
Alessandro Perugini (Casteldelpiano SI)
INSIEME IN DUE
Insieme in due per una lunga gita,
un po’ avventura, un po’ divertimento
e un po’ interesse e un po’ ricerca ardita
che ci apporti maggiore accrescimento;
partire all’alba, prima a passo lento
in modo che sia dolce il cominciare,
e accelerare poi nel movimento
sempre più duro nello scelto andare;
attraversare senza rallentare
pianure, valli, monti e saggiamente
assuefarsi al percorso circolare
del tempo che ci sfugge fatalmente;
tenere l’occhio fisso all’imminente
notte che scende e che rattrista il cuore,
che tutto azzera inevitabilmente
e di angoscia ci riempie e di dolore;
insieme in due, non c’è modo migliore
per affrontare e conseguir l’ambita
meta finale che premi l’amore:
questa è la vita, sì, questa è la vita.
Baldassarre Turco (Rapallo GE)
RONDÒ DI NATALE
Non mi sorride il volto della luna
in questa notte povera di stelle.
Spengo le mie paure ad una ad una
decisa come un’anima ribelle:
sfidando neve e pioggia a catinelle,
nel sogno cerco la capanna santa
e una nenia di mille ciaramelle
è la guida nel giorno che... m’incanta!
Una mamma la ninna nanna canta
davanti ad un lettino d’ospedale
e con fede infinita prega, affranta,
contemplando la culla celestiale.
In un barbone un guizzo emozionale:
pranzare nel tepore d’una chiesa
è il magico regalo di Natale.
Oggi il suo cuore palpita d’attesa.
I miei monti risuonano a distesa
e raggelati avanzano i pastori
per ritrovare vita, amore e intesa
tra lumi, incenso e canti di colori.
Mi sveglio al lieve tocco degli albori,
non è finito tutto, che fortuna!
Adorerò Gesù tra gli splendori.
M’infiammo d’umiltà... come nessuna.
Anna Bonnanzio (Aprilia LT)
BRUCIANO LE MIE LABBRA
Bruciano le mie labbra sulle tue,
brucia la pelle che alla tua aderisce,
brucio d’amore tutta se noi due
danziamo quella danza che sfinisce.
Passano i giorni, eppur non si esaurisce
la magia che rinnova i nostri sogni
e l’insperato amore che ci unisce
soddisferà i più intimi bisogni.
Il bacio mattutino che tu sogni,
per cui l’intera vita tua daresti
e i mille baci di cui tu abbisogni
te li darò... e tu cosa faresti?
Certo la libertà mi lasceresti
di sceglierti ogni giorno con letizia
e i tanti baci contraccambieresti
per non esser tacciato d’avarizia.
Procederemo in complice amicizia,
ci intrigherà l’Amor con le arti sue...
E finché Sorte ci sarà propizia,
mi brucerò le labbra sulle tue.
Elena Zucchini (Genova)
NONNA ANGELA
Ricordo una stradina d’erba e ghiaia
che mi portava al vecchio cascinale,
in fronte ad una piccola legnaia,
poi... i campi, un frinire di cicale...
(...E poi rivedo nonna nel casale
sull’uscio quando il sole l’entroterra
rischiara, mi sorride e questo vale
mille parole e poi la mano afferra...)
Nonna Angela credeva che la terra
fosse piatta e che l’uomo sulla luna
davvero non ci fosse andato. In guerra
conobbe ciò che gli esseri accomuna.
Nonostante l’alterna sua fortuna
sapeva ancora ridere e scherzare
e stava, quando il giorno lento imbruna,
seduta sulla soglia a recitare
i suoi rosari, chicchi da sgranare
come i fagioli, il granoturco, il riso,
compagni di stagioni a meditare
che alla vita conviene far buon viso.
E di lei questo m’è rimasto inciso...
con una foto insieme, là nell’aia...
tra l’erba ancora sboccia un fiordaliso:
l’istante è colto, prima che scompaia.
Monica Orsi (Desio MB)
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Canzone-rondò
ALBA SU FIRENZE
Come un respiro antico si ridesta
di un languore sensuale ancora ombrosa
Firenze tra le mura
bella di quiete oziosa
mentre l’alba incipiente alza la testa
sopra la notte scura,
irretisce le stelle e le cattura.
Su Ponte Vecchio aleggia una foschia
che lo rende irreale
sognante fantasia
accesa di una rossa velatura
dall’aurora autunnale.
Lo sguardo indugia sulla cattedrale
altera accanto ai tetti addormentati
nell’incerto chiarore,
mentre insieme allacciati
tanta bellezza che fa quasi male
godiamo con stupore.
Avvolta nell’abbraccio del tuo amore
in quest’alba protesa su Firenze
mi seduce l’incanto
di mille iridescenze
sulle impronte del tempo ammaliatore
quasi fossero un manto.
Ora il sole si leva come un canto
e sopra i campanili accende l’oro...
Della notte ci resta
un prezioso tesoro
che l’attesa dell’alba stretti accanto
di un sogno ci rivesta.
Gabriella Semino (Firenze)
CANZONE N. 2
Esulta maggio! E la stagion fiorita
espande i suoi profumi ed i colori
a larga profusione;
ridondanti e canori
odi levar gli uccelli inni alla vita
in eterna canzone.
Dall’aria al cuor trascende l’emozione
di un dolce risvegliar, talor quiescenti,
di sogni, speme, incanto;
e li vedi e li senti
vibrar per gli occhi gai de le persone
di nuova vita il canto.
Di contro gli occhi miei trasudan pianto,
e tutta la beltà della Natura
ha il colore del nero;
anche l’anima abiura,
fiaccata dal dolore e dal rimpianto,
d’ogni gioia il pensiero.
E, dell’angoscia ognor io prigioniero,
lugubre nenia è il canto degli uccelli
nel mio cervello e al cuore;
or roventi coltelli
affondan là dove un tempo sincero
garriva ancor l’amore.
Questo di maggio e tutto il suo fulgore
è quanto resta a me, negletto e gramo,
dacché giacque sfinita
l’anima mia, né “T’amo!”
più sospirò con indomito ardore
sulla tua bocca, Rita!
Giovanni Di Girolamo (Bellante TE)